Come era la Mogadiscio del 1928 capitale della Somalia italiana?

“…ecco Mogadiscio ridente e civile, candida nell’anima e nelle case, e dove, come una benedizione ed una speranza, il verde dei giardini smentisce l’aridità delle dune”. Augusta Perricone Viola.
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Mogadiscio era la capitale e il massimo centro commerciale della colonia. Nel 1928 contava 27.000 abitanti di cui 700 italiani.
La città era divisa in due quartieri dal corso Re Vittorio Emanuele III, la principale arteria stradale che attraversava la città in direzione Sud-Nord: a Sud-Ovest Amaruìni (Amàr uèn, città grande), a Nord-Est Scingani, dove si trovava il Palazzo del Governatore, in stile moresco.[…]
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Nel 1924 il Governatore de Vecchi aveva attuato il primo grande piano regolatore della città da applicarsi principalmente ai due centri abitati di Amaruìni e Scingani, che costituivano la vecchia città araba, unitamente ad un Decreto che stabiliva la nuova rete stradale: “Art. 1 – Il viale che dal mare presso l’edificio della Dogana va alla duna in direzione nord è denominato Viale del Re Vittorio Emanuele III”.
mogadiscio-il-viale-del-reDalla Dogana, sul porto, si usciva direttamente sul corso del Re Vittorio. Al suo inizio, di fronte all’oceano, a sinistra si trovavano la Posta e il Telegrafo e la Moschea di Fach ed-Din, del 1269. Sulla destra la Casa del Fascio. Risalendo a sinistra si trovava la Farmacia e a destra la Garesa, il vecchio Castello, che fu sede dei Valì del Sultano di Zanzibar, all’interno del quale vi erano il corpo di Guardia del Palazzo del Governatore, l’Ufficio Agrario e di Colonizzazione e il Gabinetto foto-cinematografico dell’Ufficio Studi e Propaganda. Alla sua destra un viale costeggiato da piante tropicali che portava al Palazzo del Governatore di fronte al quale vi era il pilone con la bandiera di possesso, opera scultorea di Cesare Biscarra.
Proseguendo sul corso del Re, svoltando a destra si imboccava via Principe Umberto, alberata con piante di cocchi, sulla sua sinistra il Comando Truppe, proseguendo a sinistra si trovava la palazzina del Comando delle Bande armate di confine, a destra l’Ambulatorio civile e infine a destra il Circolo “Duchessa d’Aosta” con all’interno affreschi del pittore piemontese Lidio Ajmone.
1-vista-del-lungomare-dal-palazzo-del-governatoreSvoltando a sinistra si trovava il vecchio quartiere indigeno di Scingani, mentre a destra si sboccava sul lungomare Vittorio Bottego, all’inizio del quale vi era il Monumento ai Caduti della Somalia Italiana, altra opera del Biscarra.
La passeggiata continuava lungo il nuovo pontile in costruzione, arrivando al villaggio dei Rer Magno, la famiglia del mare, poi fino al campo militare Amnàra degli ascari eritrei, con la stazione radiotelegrafica e il lazzaretto.
A 10 minuti dal campo si arrivava alla torre Mnàra, antica costruzione araba circolare su basa quadrata, che fungeva da faro.
Tornando indietro sulla via del Principe si vedeva il nuovo arco trionfale romano, alto 14 metri, sempre del Biscarra, realizzato per celebrare la visita del Principe di Piemonte.
mogadiscio-via-principe-umberto-1Alla destra del nuovo arco si trova ancora oggi la moschea di Arbarucùn, del 667, mentre alle spalle dell’arco nel campo, verrà realizzato poi il Palazzo degli Uffici del Governo, alla sinistra invece la cosiddetta Porta delle Rondini, delle vecchie mura di Amaruìni.
Di nuovo sul corso del Re a destra l’edificio delle Opere Pubbliche, la Palazzina del Segretario Generale, l’Albergo Savoia e la Stamperia dell’Ufficio Studi e Propaganda, l’Autoparco e la sede della S.A.I.S.. Al fondo sulla sinistra il Campo Sportivo del Littorio e dietro la stazione ferroviaria.
Proseguendo oltre il corso, ad un’ora di cammino si giungeva, dopo la duna, al faro di Mogadiscio, eretto nel 1912, e al forte Cecchi. Ridiscendendo sulla destra la sede della Banca d’Italia, l’albergo Benadir e l’emporio della C.I.D.E.A. “Compagnia Italiana dell’Est Africa” con annesso cinema.
cattedrale-mogadiscio-1928Svoltando a destra si imboccava il Viale Regina Elena, con sulla destra la nuova Cattedrale, Santuario della Consolata, su progetto dell’ingegnere Antonio Vandone […]
Segue il Teatro del Fascio e la Caserma Podgora degli Zaptié, i membri del corpo dei Reali Carabinieri reclutati tra gli indigeni. Al fondo della strada il mercato locale […]
Di fronte si apriva il quartiere Amaruìni, caratterizzato da tortuose vie e vicoli con i negozi arabi […] la piazza della moschea Giama, del 1238, la più importante della vecchia città, caratterizzata da un minareto cilindrico, sormontato da una terrazza, e sull’arco della preghiera il nome del costruttore Gululè bin Mohamed ben Abdul Aziz.
Giunti al fondo del vecchio quartiere, si arrivava sul lungomare Duca degli Abruzzi, dove si trovava il Comando Aviazione, le scuole elementari “Umberto di Savoia”, il brefotrofio e orfanotrofio “Regina Margherita”, l’asilo infantile e l’ospedale “De Martino” e infine le carceri.
Poco fuori dalla città l’aeroporto militare “Campo volo Petrella” che disponeva di 4 nuovissimi biplani Romeo RO -1 […]
“Oggi Mogadiscio, la capitale della più lontana fra le nostre colonie, sembra come la sintesi e la realizzazione della nostra convinzione e della nostra passione, che se vuole e quando vuole, sa e può volere!” Augusta Perricone Viola
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di Alberto Alpozzi – © Tutti i diritti riservati
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Tutte le foto dell’articolo, pubblicate nel libro “Viaggio nella Somalia italiana” sono di Carlo Pedrini, fotografo capo del Regio Laboratorio Foto-Cinematografico di Mogadiscio.

41 pensieri su “Come era la Mogadiscio del 1928 capitale della Somalia italiana?

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